Non basta una morte

24.06.2023
C'è un solo dato positivo degli esami di maturità, in Italia, quello di ridar luce, una volta l'anno, ad un'antologia di saperi opportunamente selezionata, fra i più nobili, in quanto non utili al raggiungimento di alcun interesse concreto individuale, così come anche quest'anno riproposto nelle tracce degli esami scritti per gli studenti.

 

Che si tratti di studi matematici o linguistici o tecnici, si tratta di saperi che sopravvivono alla loro stessa fine, mentre tutto il resto muore, con maggiore o minore consapevolezza sociale, per come Società dei Sogni, tenterà di motivare.


Per dirla alla Piero Angela, riproposto nelle tracce di Italiano, per quanto si possa parlare di innovazione tecnologica, non bisogna mai dimenticare che il nuovo decreta la morte del meno nuovo ma ancora valido.


Quanto valore perdiamo mentre si avanza verso il futuro? Ce ne accorgiamo ? 


Non è forse abbastanza chiaro quanto ciò sia di interesse dell'uomo saperlo, né quanto nuovo sia nuovo in sostanza, perché e purché esso è e sia un magico distrattore delle coscenze di massa dall'ingombrante idea della fine di tutti i possibili giochi della vita.

Poi arriva Seneca, riproposto nella traccia di latino, per insistere sullo stesso tema, profetizzando che <<saggezza è non seguire il volgo>>, rinunciando al farsi trascinare proprio dai fenomeni di adesione collettiva di massa, a forme di corporativismo del gusto e del giudizio critico che protegga il singolo.


Restando così un po' soli, sì, ma solo per sentire quel tanto valore che l'umanità continua a perdere nella sua corsa verso il nuovo che ci distrae dal naturale suono della fine che è propria di ciò che vive, la cui percezione soltanto potrebbe regalarci quella dimensione di senso in un solo giorno della nostra vita, che allora sarebbe patta con la morte, per ognuno.

La tecnologia non deve allungare la vita, specie nel periodo biologico in cui non c'è più nulla da capire della vita, se essa è già passata, senza un senso, nella comune distrazione da quella fuga verso il nuovo, che è già la forma del futuro, un luogo verso cui spostarsi fuggendo da un presente carico di insoddisfazioni, prendendo sempre più spesso le distanze da ciò che si è, si può essere soltanto, senza pretendere altro, almeno in una vita.


Non è che non basti una vita, semmai bisognerebbe morire almeno una volta per tornare a vivere davvero, dall'inizio alla fine, senza tante fughe da se stessi.
Domenico Renna per Società dei Sogni